A noi due, dopo lo spettacolo e’ venuta in mente la fine.
Chi siamo lo saprete solo ascoltandoci redatti dentro ai nostri pensieri ibernati la sera del tredici colpiti da isterismo connesso alla visione del terzo Studio dei Cenci col concorso della posizione delle pleiadi nello schermo piatto del firmamento neo medievale tecnologico. Oggi come allora un pullulare di icone ed eretici, praticanti strenui della cospirazione psichica globale. Cominciò che era già finita. Fu così che sul finire dell’anno 2003 Vu ed Emme vanno a teatro – finalmente il teatro – a vedere una comune rappresentazione teatrale condotta in un modo tutto sommato comune per una banda di teatro sperimentale e subito dopo sfociano in considerazioni abissali e oggetti e benefiche svolte ossessive ispirate all’idea di fallimento come fine di un tempo, chiusura di un ciclo, sigillo ed anche icona del teatro di Antonin Artaud, una catena montuosa ricca di picchi visibili solo volandoci a 600 piedi d’altezza oppure con un pallone aerostatico oppure coi potenti mezzi della mente.
Ne deriva la presente deriva sintomatica tra i Cenci di Artaud degnamente ri-visitati dai kinkaleri in una trilogia che li ha occupati per tutto il 2003 da Prato a Sant’Arcangelo e otto-nove giorni fa a Scandicci: tre studi ad alta intensità neurotica immersi, i primi due nei rispettivi festivals e l‘ultimo al Teatro Studio, edificio dotato di poltrone, biglietto unico d‘ingresso riscaldamenti ed un solo spettacolo di 40 minuti, uno solo.
SOFAR AMI, che significa: hai capito?
Le cose stanno messe in questa maniera: sembra che il defunto sia uso presentarsi in sogno a certo mio amico sardo di Bologna vaticinando allusivo ma chiaro a fatti che concernono la sua sfera privata come mi racconto A. tempo fa di quell’unico sogno rivelatore mentre senza troppi disturbi del transfert ci dicevamo dei nostri sogni migliori ad una festa. Il suo pezzo migliore fu quello di Artaud che gli parla in sogno uno quelli che rimangono come piramidi tra le tempeste di sabbia del suo e nostro illimitato procedere: torce cunicoli e un vaticinio in francese.
A questo punto credo che Artaud si farà vedere magari solo in sogno da quelli del raggruppamento di mezzi e formati in bilico nel tentativo, magari solo a qualcuno di loro. Kinkaleri è una parola sola, singolare nel linguaggio da cui proviene, l’albanese dove si pronuncia accentata: si sono dotati da qualche tempo della specifica arte di coniugare la realtà e il sogno (anche quelli descritti dalla psicologia come «sogni occhi aperti») se vogliamo ossequiare vecchi dualismi largamente opinabili fosse solo per i risvolti politici o sociologici della faccenda del muoversi sempre dentro a dicotomie illusorie che rendono arduo il compito della fantasia e dell’immaginario più arduo ma, diciamocelo pure, forse anche più interessante il progresso umano.
Leggo in questa versione dei Cenci considerevoli anticipazioni del tomorrow’s world, magari di un certo antagonismo sempre più consapevole di sé, di un’utopia matura per la ricerca nell’ambito delle rappresentazioni di natura dichiaratamente estetica e per una definizione impermanente dell’ immaginario contemporaneo nel suo progressivo svanire o espandersi incalzato dalle Ere. Questa ultima «produzione» dei kinkaleri, a scaturiscono dall’incrocio di idee e macchine e corpi e mezzi, questo come-sempre-non-sai-bene-cosa è il prodotto di una macchine teatrale attiva dentro e fuori il teatro, soprattutto fuori consapevoli e per nulla turbati del fatto che la televisione e le aule dei parlamenti o gli stadi sportivi sono spettacoli che concorrono in una misura molto maggiore al quel montaggio di visioni definite come la realtà .
A questo punto, stabilita la connessione, da Bologna a Prato si fa in un baleno nel senso che ci si mette poco e Artaud il morto a spostarsi e oltrepassa il traforo altavelocità alla velocità del pensiero al cuore della Montagna Sacra, L’Appennino Tosco-Cinese o Cino-Emiliano, guerra a bassa intensità cia(o), poi Il distretto tessile pratese a pochi minuti dalla Città Fossile, medaglia arrugginita nel cuore stanco della civilta’, come in quello di Karòl il Grande[1]: voila’ Artaud alla corte di Pinocchio!
ERA ORA, Giubili dalle cave, ERA ORA, Nei cortili sigarettati di Gesu’[2]. In pochi lo sanno.
Kinkaleri fa di tutto, nel senso che produce molte cose che sfidano i limiti dell’arte, Artaud è il mistico delle espansioni della coscienza che si sbarazza del teatro, gli stava stretto necessitava di un network. Kinkaleri e Artaud producono lo spettacolo definitivo il fallimento definitivo dello spettacolo, un NO alto dieci metri come un muro invisibile tra il prima e il dopo del teatro di chi lo fa e di chi ci va o non ci va col dopo che non si vede ancora bene potrebbe essere sconfinato oppure niente, nada. Le Americhe sono Finite. Temo per la sorte dei cinque o sei componenti, uno di loro però mi ha garantito di essere giunto alla perdita della memoria o come si dice oggi l’anima intesa come l’io sconfinato a tre dimensioni: ciò a mio avviso rende il suo sguardo «crudele» da fissare gli eventi come una scaglia silicizzata di meteora mezza emergente dalla superficie della luna.
Kinkaleri Crudeli mettono in scena eventi puri tanto quanto basta per innescare contatti puri e connessioni che pure lo sono solo per definizione non per la realtà dei fatti e dei mezzi esposti di seguito in forma sinottica.
# Pannello1. video 1.
24 ore di TV in 24 minuti.
L’impresa digitale a portata di ciascuno di noi (dicono a gasparri gli alti membri della psicopolizia) nella microera telematica, quella della democratica virtuale, la tv da musa ausiliaria di Schifano si fa occhio del grande fratello, guardarla in 24 minuti e come guardare lo schermo di un computer al suo interno, la pupilla di silicio dentro al suo occhio di vetro: frigge come si dice noi dello «spettacolo globale». Una duplice interna veggenza dal di dentro sopra ad una scena, come saprete dopo, «vuota» di senso.
# Pannello2. video 2 in posizione centrale e descrizione della scena.
Video-Riprese in uguale durata
Finalmente gli attori qualcuno di loro è vivo sulla scena, hanno molto da agire: le macchine tanto da sembrare addetti alla scena. Ecce l’attore totale in piena simbiosi con tecnologia nostra signora che ama e da cui e’ riamato, un tableau vivant dove lei si leva come leggiadro papavero ma poi si mette il tacco alto ed esegue delle spaccate di routine da perfetto circo tecnologico. La scena è negata dal buio allo spettatore ed è la scena che si autonega: la ballerina sparisce con le sue meravigliose gambe, gli attori in panni quotidiani diventano post DJ a commento-azione del montaggio riprodotto nel video digitale producente immagini di attori introdotti nel video e da questo iconizzati tali da parere al nostro sguardo «di mezzo», indossano divise varie. Dal punto focale fuggenti secondo la progressione fermo-camminando-correndo si muovono lungo i quattro angoli del piano unico, lo schermo, ingoiando i nostri sguardi come video cyber game. Dalla scena introiettata si levano surrogati di simboli, stemmi, icone dell’oggi-sempre: prototipi di vita umana, televisivi ma non troppo: il teatro e il suo doppio. C’è Carlo Giuliani col passamontagna che come Lazzaro si solleva dalla posa televisiva che lo ha immortalato nell’immaginario umano come un fatto di cronaca nera relegandolo nella sua portata politica, e forse è la parte che gli spetta al povero Carlo. Segue logicamente il Carabiniere che tradisce sorrisi ammiccanti in momenti a bassa intensita’ del Trattamento Nova. Crocerossina che fuma sopra un cavalletto (arrapantissima) il Calciatore in divisa che palleggia (che palle). Lo Steward e L’ Hostess in ripresa statica a tre quarti come coi monumenti o ritratti. Poi la fuga di tutti i personaggi ai quattro angoli dell’immagine, il movimento filmato e un trance ipnotico in sala con lo scretch neuronale del dee-jay bis.
Una doppia razione di scorie visivo-sonore per la nuova era mistico atea per la quale è forse chiaro che parteggio.
#Pannello 3. Video 3.
Solo Testo.
Su sfondo nero, scrittura, lingua: italiano standard. Alcune trance di testo: REALTA’-RAPPRESENTAZIONE-DEFECAZIONE. Alcune tracce di studio sul testo con tentativi di definizione e ripetizione estenuata di significati forti come DITTATURA e FALLIMENTO che applicati a varie parole genitive – i campi extratestuali (le praterie elettroniche)- nel tentativo vincente di “realizzare” quei significati .
Scarnificato come un coniglio sordo e magro il dialogo e la parola il tutto si riduce ad una serie di asserzioni casuali che poi inducono domande del tipo Dove sei stato? Al cinema o al teatro? Cosa hai guardato? Il teatro o il cinema? Era reale o irreale?
Risposta 9 giorni dopo posteriore: Sono tutte domande retoriche, l’unica domanda sensata prima della demenza totale o anche solo latente e’ Cosa hai visto? Ed io rispondo cosi’: Segni scarnificati per ossessioni salvifiche e nervi forti. SPAM!
TANTAR UPTI che significa «hai capito?»
Fine comunicato. Segue VU-EMME 2, battute per dialogo radiofonico.
Vu. Così tesoro presto anche noi avremo il nostro canale digitale, e inviteremo i kinkaleri a passare lavori come questo, ne ho in mente tanta altra di gente, ho molti contatti io.
Emme. E noi? Andremo in scena?
Vu. Certo che sì. Noi vedrai che ce la facciamo
EMME. E come la metti con la fine?
Vu. La fine di che?
Emme. La fine del mondo, immagino.
Vu. Metteremo in scena anche quella: orde di non nati smettono l’ignobile costume di risparmiare, scricchiolano le mura del castello di kafka, rovinano i torrioni costruiti in anni di sacrifici e cadono le menzogne inalberate come vessillo. Massimo tra queste l’arte colpita al cuore come un vampiro nella bara ma è anche una vergine che muore dalla voglia di scopare. Sangue puro alle radici della vita. L’anarchico si toglie la corona uccide la famiglia e va al cinema, arriva il pifferaio che guida masse di topi verso il mare in tempesta sul quale egli e’ solito camminare. Scendono le astronavi sopra un cielo di carta pesta. Ti piace?
Emme. ( trasognata e prudente ) Si
Vu( come verdone). OK allora stanotte ‘o famo strano?
Emme. Si’, ma come la metti con la psicopolizia di gasparri?
Vu. Vu ( ci pensa un po’) poi dice: noi siamo già psicolabili e pure psiconauti.
Emme: si, ma alla larga dagli psicopatici.
Vu: ok, finché non sfonderemo anche noi, poi ti ci voglio vedere.
Emme: No gli psicopatici sono sempre merde.
Vu: si, ma prendi Annibal, lui sa dove colpire come la morte, è cyber, è oltre, è un don. Hitler o King Kong a confronto è una parte che potrebbe recitare chiunque di noi fottuti nella stessa ragnatela: dentro a un microfilm neuronale rumorosissimo
Emme: ora ti metti a fare pubblicità
Vu: perché? che c’è di male…. e poi vedi forse nemmeno lo pubblichiamo, ne faremo qualcos’altro.
Fine
Indicazioni di regia, parte lo speaker di turno: facciamo un sondaggio tra i presenti: che faranno doctor Vu e il suo amico con il microfilm? Di cosa sta parlando, un libro? un DVD un film porno? Doctor Vu ed Emme alla fine si sposano? Ci sarà una nuova serie?
Parte la discussione: interverrei sotto false spoglie per via telefonica ( cioè col mio nome anagrafico) …. Da paura! Wow diventeremo una trasmissione da/i paura…… come i film!
Sinceramente Fuso, vostro V.
[1] Cito il titolo di un recente libro gadget di “Famiglia Cristiana”
[2] Questa ed altre prese in corsivo sono figlie del mio socio il giovane poeta pop Renato Di Paola ed appartengono a tutti.